venerdì 25 luglio 2008

Democrazia: The End - by Augusto Druso

  • Contrada rifiuta gli arresti domiciliari presso la casa della sorella a Napoli: vuole tornare a Palermo.
  • Il presidente del consiglio annuncia trionfalmente che ci sono i capitali per il salvataggio di Alitalia: il piano prevede la nascita di due nuove società, una "buona" dove verranno trasferite tutte le cose migliori della fù compagnia di bandiera ed una "cattiva" dove verranno inseriti i debiti e tutto ciò che non funziona.
  • Fassino incassa la solidarietà di tutti i parlamenti e di tutti gli schieramenti per le nuove rivelazioni di Tavaroli, compreso Berlusconi.
  • Viene dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per fronteggiare l'emergenza immigrazione.
  • Con la sentenza sui fatti di Bolzaneto viene sancito un altro sacrosanto diritto di una democrazia: in assenza di una legge che riguarda il reato di tortura ogni arrestato può essere maltrattato senza che il suo aguzzino rischi una qualsiasi pena.
  • Molte famiglie sono ancora convinte che l'oratorio o una parrocchia siano posti sicuri dove mandare i propri figli, al riparo da ogni violenza e da ogni cattiveria.
  • Francesco Cossiga è presidente onorario di una associazione per i diritti dell'Uomo (LIDU).
  • Lo stesso Francesco Cossiga impone al Senato un'indagine sulla sentenza che riconosce "il diritto a morire"di Eluana Englaro espresso più di quindici anni fa.

Contrada rifiuta gli arresti domiciliari presso la casa della sorella a Napoli: vuole tornare a Palermo
Forse ricordo male, ma Contrada è stato riconosciuto colpevole in tutti i gradi di giudizio e sta scontando una pena definitiva che, se non è rientrata nell'indulto, deve essere piuttosto pesante. Concedere gli arresti domiciliari per motivi di salute è un atto dovuto in democrazia. E il condannato dovrebbe essere un pochino riconoscente alla Democrazia. Il condannato invece cosa fa? Critica la scelta di chi lo ha scarcerato ed alza anche la voce esigendo di scegliere la sede dei suoi arresti domiciliari: la sua amata Palermo. Altrimenti, dice, meglio tornare i carcere. Lo può chiedere, siamo in democrazia. Mi chiedo io, però: se la stessa richiesta, nelle stessa situazione di salute, l'avesse avanzata un condannato extracomunitario oppure un ex terrorista, sarebbe passata come notizia senza alcun commento da parte dei nostri poco onorevoli parlamentari e opinionisti vari?
In Democrazia le leggi e le garanzie devono essere uguali per tutti. Altrimenti non è più una Democrazia.

Il presidente del consiglio annuncia trionfalmente che ci sono i capitali per il salvataggio di Alitalia: il piano prevede la nascita di due nuove società, una "buona" dove verranno trasferite tutte le cose migliori della fù compagnia di bandiera ed una "cattiva" dove verranno inseriti i debiti e tutto ciò che non funziona
Questa si che mi piace! Se l'avesse dichiarato Mel Brooks avremmo potuto intitolare: BALLE SPAZIALI. Nel piano, che sembra finora abbiano letto solo Rosario Dimito e Umberto Mancini de Il Messaggero sembra che "[...] Lo schema - anticipato dal Messaggero - prevede la creazione di una società ad hoc, in cui dovrebbero confluire la parte sana di Alitalia (cioè rotte, aerei, slot) e quella di Air One (aerei e slot). In una “bad company”, destinata poi alla liquidazione, finirebbero invece i debiti e la parte non redditiva. In questa architettura una leva fondamentale sarebbe rappresentata dal ricorso alla legge Marzano corretta. Una revisione che consentirebbe al commissario di aggirare l'obbligo di aprire una gara per la cessione dei rami d'azienda. Inoltre, con la modifica della Marzano i nuovi azionisti non verrebbero chiamati a rispondere dei debiti [...].
Io che non sono un economista interpreto in questo modo: i grandi imprenditori italiani che hanno deciso di salvare Alitalia ci mettono i quattrini per prendersi il marchio, il personale che serve, per affittare nuovi aerei che viaggino esclusivamente sulle rotte italiane a maggior reddito e prezzo. Tutto il resto, esuberi, carcasse volanti e soprattutto i DEBITI, sono cazzi dello Stato e dei contribuenti. La legge non lo consente? Che problema c'è? cambiamo o facciamo la legge per salvare Alitalia.
Questa è una grande visione imprenditoriale calata in una Democrazia e in un'economia di mercato. Però, non so perché, mi ricorda qualcosa che avveniva in certi paesi socialisti, ma socialisti reali! E se ricorda il socialismo reale non può ricordare una Democrazia.

Fassino incassa la solidarietà di tutti i parlamenti e di tutti gli schieramenti per le nuove rivelazioni di Tavaroli, compreso Berlusconi
Il nostro caro parlamentare Fassino ha ricevuto un applauso di solidarietà da tutte le forze politiche per le presunte ed eventuali irregolarità dichiarate da Tavaroli. Non mi risulta che Fassino sia processato. Non mi risulta che Fassino si sia dimesso per farsi eventualmente processare o per fare luce sui suoi fatti poco chiari. E allora cosa c'è da applaudire? Anche perché il magistrato che stava indagando è stato prima sospeso e poi trasferito per incompatibilità ambientale. Ma è possibile che solo nella nostra Democrazia i magistrati vengano rimossi solo quando indagano su qualcuno che siede in parlamento o dirige un qualche partito politico? Perché non viene mai rimosso un giudice se condanna un ROM perché presumibilmente razzista? Non mi sembra un bell'esempio di democrazia.

Viene dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per fronteggiare l'emergenza immigrazione
Dal sito del Corriere della Sera: "[...] Stato di emergenza su tutto il territorio nazionale. È la decisione del governo per fronteggiare quello che viene definito un «eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari». «Al fine di potenziare le attività di contrasto e di gestione del fenomeno - si legge nel comunicato stampa diffuso da Palazzo Chigi dopo il Consiglio dei ministri - il Cdm ha approvato, su proposta del ministro dell'Interno Roberto Maroni, l'estensione all'intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza» [...].
Improvvisamente vengo a scoprire che abbiamo un'emergenza immigrazione su tutto il territorio nazionale. Lo stato di emergenza viene esteso in tutte le regioni. Mi aspetto che alle prossime alluvioni in qualche valle alpina venga esteso lo stato di calamità a tutto il paese. Che per fronteggiare il problema rifiuti venga estesa la posiibilità del pattugliamento delle strade e dei siti delle discariche da parte dei militari su tutto il territorio nazionale in modo che, visto che ci siamo, si possa fronteggiare anche l'emergenza sciacallaggio in tutta italia dovuto allo stato di emergenza nazionale per le calamità naturali. Gli stati di emergenza nazionali improvvisi sono alla base di tutte le democrazie del mondo. In particolare di quelle occidentali.

Con la sentenza sui fatti di Bolzaneto viene sancito un altro sacrosanto diritto di una democrazia: in assenza di una legge che riguarda il reato di tortura ogni arrestato può essere maltrattato senza che il suo aguzzino rischi una qualsiasi pena
Finora, secondo me, questo è stato uno dei fatti più gravi perpetrati alla democrazia dalla fine del fascismo. Un parlamento che non sia riuscito a ratificare una legge che preveda il reato di tortura la dice lunga sul senso di democrazia dei nostri eletti. Il fatto gravissimo è che i giudici, in assenza di tale legge, non abbiamo potuto, o non abbiamo voluto, applicare delle sentenze in linea con i reati commessi dalle nostre forze dell'ordine nella caserma di Bolzaneto durante il famoso G8 di Genova. Non voglio entrare in merito alla violenza delle cariche della polizia e carabinieri e dei presunti innocenti caricati ed arrestati. C'era una manifestazione ed il clima era molto teso. Chiunque vada ad una manifestazione sa sempre che il rischio di incidenti, voluti o fortuiti, può accadere. Quello che non deve assolutamente accadere, è il maltrattamento contro la persona una volta che questa viene arrestata. E questo vale per tutti. Durante una manifestazioni possono esserci scontri. Una volta che un manifestante è stato arrestato gli devono essere garantiti tutti i principi validi in una democrazia. Se un manifestante, nella sua libera funzione di manifestare viene arrestato perché ritenuto colpelvole di un reato, è giusto che venga processato e giudicato in modo equo per quello che ha fatto. Se colpevole punito se innocente prosciolto. Fino al processo, in qualsiasi stadio della fase inquisitoria e di reclusione, non deve in alcun modo subire alcun maltrattamento. Né fisico né psicologico. Altrimenti è tortura. Non esistono altri termini. Quando un arrestato viene torurato non si è in democrazia. E se un tribunale non condanna gli agenti ed i dirigenti (i mandanti) perché il parlamento non ha ancora ratificato il reato di tortura, spiegatemi in che razza di democrazia siamo.

Molte famiglie sono ancora convinte che l'oratorio o una parrocchia siano posti sicuri dove mandare i propri figli, al riparo da ogni violenza e da ogni cattiveria
Non vorrei esagerare, ma ormai il coperchio che copre il fatto che quasi in ogni parrocchia si siano esercitati abusi sui minori sta per essere tolto e qualcosa di raccapricciante prima o poi uscirà fuori. Personalmente non mi sentirei molto tranquillo che i miei figli oppure i miei nipoti passino troppo tempo con un nuovo parroco trasferito da chissà quale diocesi. Perché questa è la prassi: il Vaticano ed i Vescovi anziché denunciare alle autorità competenti italiane (è giusto ricordare che i sacerdoti sono cittadini italiani e devono osservare e rispondere alle leggi italiane) i fatti di pedofilia cui vengono a conoscenza, per assicurare il colpevole alla giustizia, si trincerano dietro un silenzio spirituale e provvedono solo a spostare il pericoloso delinquente ad altra parrocchia in modo che possa ricominciare i suoi giochi fino a quando qualche altra mamma o papà non riferiscano nuovamente alle autorità ecclesiastiche i nuovi misfatti. Un paese dove un cittadino si macchia di reati gravissimi e non viene neppure giudicato, non mi sembra un paese democratico.

Francesco Cossiga è presidente onorario di una associazione per i diritti dell'Uomo (LIDU)
Questa associazione, quando l'ho scoperta, l'ho trovata a dir poco esilarante: Francesco Cossiga presidente onorario di un'associazione per i diritti dell'uomo! Se non fosse un insulto a chi ha pagato anche con la propria vita la difesa dei diritti dell'uomo mi metterei a ridere a crepapelle. Nel proseguire a leggere l'organigramma arrivo fino dove trovo Alfredo Biondi nel comotato d'onore. Penso non può essere vero che ci sia un'associazione che si proclama a difesa dei diritti dell'uomo e che nelle pagine del suo sito recita slogan costituzionali della dignità dell'uomo tra cui anche l'art. 2 della costituzione italiana il cui presidente onorario sia Francesco Cossiga. Del resto il presidente onorario ha dato grande senso alla sua carica gridando a gran voce cosa è successo a Bolzaneto. Un uomo permeato e denso di grandi ideali. Per il suo indiscutibile contributo allo sviluppo delle democrazie e dei diritti degli uomini, la stessa associazione ha conferito il suo premio Ungaro al nostro senatore a vita nel 2003, nel 2004 ad Emma Bonino, nel 2005 a Walter Veltroni e nel 2006 a Franco Frattini! Questa si che è democrazia.

Francesco Cossiga impone al Senato un'indagine sulla sentenza che riconosce "il diritto a morire"di Eluana Englaro espresso più di quindici anni fa
E questo è un altro esempio della nostra democrazia da repubblica delle banane: un senatore a vita della Repubblica disapprova una sentenza di un tribunale legittimo che finalmente riconosce il diritto alla morte di una ragazza scomparsa 16 anni fa. In nome della vita e della democrazia e sicuramente in nome dell'associazione di cui è presidente onorario, praticamente impone al presidente del Senato di aprire un'inchiesta il quale a sua volta "[...]
ha presentato alla Giunta del Regolamento del Senato la proposta di deferire alla Commissione Affari Costituzionali la questione del conflitto di attribuzione tra Senato e Corte di Cassazione, in merito al caso di Eluana Englaro [...]".
Mi aspetto che questi giudici, in nome della democrazia, vadano ad aggiungersi alle Forleo, ai De Magistris ed ai Agostino Cordova di qualche tempo fà.


Se questa è Democrazia ...

Augusto Druso

domenica 20 luglio 2008

Che spettacolo!! by Riccardo Corsi

La Legge Salva-Premier
(se e quando ci sarà)
Valutazioni tratte da una conferenza stampa dell'Associazione Nazionale Magistrati (A.N.M.) circa la paventata sospensione dei processi.
(fonte http://www.associazionemagistrati.it/articolo.php?id=183> <http://www.associazionemagistrati.it/articolo.php?id=183> )

Vengono sospesi obbligatoriamente i processi per:
  • sequestro di persona
  • estorsione
  • rapina
  • furto in appartamento
  • furto con strappo
  • associazione per delinquere
  • stupro e violenza sessuale
  • aborto clandestino
  • bancarotta fraudolenta
  • sfruttamento della prostituzione
  • frodi fiscali
  • usura
  • violenza privata
  • falsificazione di documenti pubblici
  • detenzione di documenti falsi per l'espatrio
  • corruzione
  • corruzione giudiziaria (quella di Mills, ovvero il processo attuale di Berlusconi)
  • abuso d'ufficio
  • peculato
  • rivelazioni di segreti d'ufficio
  • intercettazioni illecite
  • reati informatici
  • ricettazione
  • vendita di prodotti con marchi contraffatti
  • detenzione di materiale pedo-pornografico
  • porto e detenzione di armi anche clandestine
  • immigrazione clandestina
  • calunnia
  • omicidio colposo per colpa medica (tutti gli errori dei medici)
  • omicidio colposo per norme sulla circolazione stradale vietata (tutti quelli che stendono la gente per la strada ubriachi)
  • truffa alla Comunità Europea
  • maltrattamenti in famiglia
  • incendio e incendio boschivo
  • molestie
  • traffico di rifiuti
  • adulterazione di sostanze alimentari
  • somministrazione di sostanze pericolose
  • circonvenzione di incapace

Ecco alcuni esempi allora:
Esempio n° 1
A) un chirurgo durante un'operazione per un grave errore provoca la morte di un bambino.
B) un giovane ruba un telefono cellulare ad un coetaneo minacciandolo con un temperino.
Quale processo faccio per primo?
Risposta: B

Esempio n° 2
A) due zingarelle rapiscono un bambino.
B) due zingarelle rubano un pezzo di formaggio in un supermercato e scappando danno una spinta alla guardia.
Quale processo faccio per primo?
Risposta: B

Esempio n°3
A) un uomo violenta una studentessa alla fermata del tram.
B) un giovane studente cede gratuitamente una canna di hashish ad un coetaneo.
Quale processo faccio per primo?
Risposta: B

Esempio n°4
A) un assessore riceve una tangente di 5 milioni di euro per favorire una impresa in una gara d'appalto.
B) il figlio dell'assessore compra un motorino rubato e cambia la targa.
Quale processo faccio per primo?
Risposta: B

Esempio n°5
A) un ubriaco al volante di un auto rubata investe tre pedoni sulle strisce.
B) due parcheggiatori abusivi chiedono un euro ad un automobilista minacciando di rigargli la portiera dell'auto.
Quale processo faccio per primo
Risposta: B

Bene...
L'A.N.M. calcola che per bloccare un processo (il processo a Berlusconi per corruzione giudiziaria dell'avvocato Mills) ne verranno sospesi circa centomila (100.000 non ho sbagliato a scrivere) in corso...
In una vignetta di ELLEKAPPA si legge: Berlusconi altruista. Rinuncia volentieri ai suoi processi, a vantaggio di quelli altrui!!! Probabilmente entro i prossimi dieci minuti nessuna mummia sumera verrà a cercarti per ucciderti, ma non voglio poi sentire nessuno lamentarsi quando il nostro premier avrà ghigliottinato pubblicamente la Giustizia.

MEDITATE GENTE... MEDITATE

venerdì 18 luglio 2008

IMBARAZZANTE - by Augusto Druso

Mi sono perso qualcosa?

Esiste una Lidu Onlus - Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo, il cui presidente onorario è Francesco Cossiga?

E nel comitato d'onore c'è Alfredo Biondi?

Parlano e forse raccolgono fondi in nome dei diritti dell'uomo e della liberta?

... ne abbiamo di cose di cui vergognarci ...

Augusto Druso

Genova G8 - Infiltrati e "Black bloc"

I giorni di Genova - di Elettra Deiana

Fui bastonata dalla polizia in assetto di guerra a piazza Dante, mentre esibendo inutilmente la mia tessera di parlamentare cercavo di spiegare che la carica – improvvisa e violentissima - era fuori luogo: il gruppone dei black block, arrivato là all’improvviso, si era già dileguato altrove, rovesciando cassonetti, come chiunque poteva vedere, e lì c’erano soltanto pacifisti e femministe, con le mani pitturate di bianco alzate in segno di resa a una guerra che, loro, non avevano nessuna intenzione di fare. Avevamo passato la mattinata ad attaccare fiori, biancheria intima, fili colorati alla rete che delimitava la zona rossa. Era venerdì 20 luglio, due ore prima che a piazza Alimonda ammazzassero Carlo Giuliani.

Ricordo che una signora, un “medico”, mi disse di essere, anche lei coinvolta nella carica, mi rassicurò per tutto quel sangue che mi veniva giù per il collo e mi imbrattava la canotta, dopo le manganellate in testa. “Ci sono molti vasi capillari in testa, il sangue viene fuori facilmente, non si preoccupi”, mi disse. All’ospedale, dove arrivai tra i primi, mi fecero controlli accurati di ogni tipo, mi suturarono la ferita con cinque punti, mi diedero consigli per tenere sotto controllo sintomi strani che eventualmente avessi avvertito. Medici e infermieri erano stati precettati, mi disse una dottoressa.

Le immagini di quella Genova in stato di guerra fecero il giro del mondo. Dell’Italia fanno spesso il giro del mondo immagini di cui vergognarsi ma pochi di quelli che hanno responsabilità pubblica per il nostro Paese se ne vergognano abbastanza. Non so se in questi giorni si sia diffusa in misura adeguata, perlomeno nei Paesi che protestarono perché loro cittadini erano stati picchiati e trattati da delinquenti a Genova, la notizia della sentenza per i fatti di Bolzaneto. Il processo per la mattanza nella famigerata caserma, dove si concluse nel segno della più totale violazione dello stato di diritto il G8 di Genova, si è chiuso con una sentenza che sottrae le forze di polizia ai rigori della legge.

Quindici condannati, trenta assolti, peni miti che nessuno sconterà. Le accuse erano gravissime ma lo Stato, dopo aver promosso con avanzamenti di carriera e collocazioni prestigiose i massimi responsabili della prova di guerra civile sperimentata a Genova – in primis l’allora capo della polizia De Gennaro - si assolve. E’ successo spesso nella storia patria. Il rapporto tra Stato e cittadini, qui da noi, è inficiato da una inadeguatezza di fondo, da un deficit della cittadinanza che ha qualche origine borbonica, arcaica e inquietante, su cui ormai, temo, c’è poco da fare. E poi come non potrebbe succedere oggi che lo Stato non si assolva?

Nel clima fobico che l’involuzione delle regole democratiche ha prodotto in questi anni, dopo tutte le isterie securitarie che hanno favorito l’ascesa della destra al potere, e i flebili, inutili distinguo di un’opposizione di centrosinistra che all’epoca di Genova ebbe responsabilità non piccole nel modo in cui venne concepita la risposta dello Stato all’insorgenza dei movimenti no global? Si era appena installato, allora, il terzo governo Berlusconi ma la preparazione di Genova – quel set da stato di polizia sottratto alla sovranità della città e alle regole della democrazia – era stato pensato prima, da ministri del centro-sinistra e da un vertice della Polizia designato dal centro-sinistra. Il governo di destra ci mise poi del suo, ovviamente. Ma le cose erano guaste in partenza.

E’ in gioco oggi la credibilità delle istituzioni democratiche, la legittimità di questa Repubblica che ci affanniamo a difendere. Per tante cose è in gioco. Anche per la sentenza di Bolzaneto.


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Il vuoto legislativo che ha pesato su Bolzaneto - di Bruna Iacopino

C’è un vuoto legislativo che pesa gravemente su questo paese e che, ancor di più dovrebbe gravare sulle nostre coscienze. È un vuoto con un’identità e un nome specifici e tragicamente reali: si chiama reato di tortura. Questo tipo di reato non è mai entrato a far parte del nostro codice penale, nonostante siano passati ben vent’anni dall’approvazione della CAT ( Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura). Adesso quel vuoto legislativo ha dei riscontri diretti: il processo per i fatti di Bolzaneto durante il G8 di Genova 2001, si conclude con una quasi completa impunità per gli imputati. Su 45 persone appartenenti alle forze dell’ordine e al personale medico, soltanto 15 sono state condannate per reati che vanno dall’abuso di ufficio, all’abuso di autorità, fino alla violenza e alle lesioni aggravate… pene comminate dai 5 anni ai 5 mesi, giorni di carcere che andranno effettivamente scontati, nessuno. Indulto e prescrizione colpiscono ancora!“Gli alti vertici nuovamente salvati!” così commentano i due Pm Petruzziello e Miniati. E per alti vertici si dovrebbe fare riferimento anche all’allora Ministro Scajola, passato per una visita di cortesia mentre una fila di ragazzi era costretta nella posizione “del cigno” ( e così rimarranno per lunghe ore). Inutile ribadire la lista delle torture, perché di questo si trattò, inflitte all’interno della caserma. Quelle si possono leggere nella lunga requisitoria fatta dai Pm, e nelle ricostruzioni giornalistiche successive al G8. Quello che maggiormente sconvolge è che, in un paese che si definisce democratico, che si batte per l’affermazione e la tutela dei diritti umani nel resto del mondo, che è sceso in piazza (in maniera bipartisan) per protestare contro le violenze in Birmania prima e in Tibet subito dopo, che si è battuto per l’approvazione di una moratoria sulla pena di morte, che ha ampiamente discusso dell’opportunità o meno della partecipazione alla cerimonia di apertura per i giochi olimpici di Pechino, rimanga pressoché silente di fronte ad una sentenza che fa passare la violenza di stato come “normalità” o quanto meno comportamento imputabile a pochi individui. Comminare la pena più aspra al solo ispettore della polizia penitenziaria Antonio Biagio Gugliotta che in quei giorni era responsabile della sicurezza a Bolzaneto, scagiona nei fatti tutti gli altri (medici compresi) che pure erano presenti e che hanno fatto uso di “pratiche inumane e degradanti” nei confronti dei trattenuti, scagiona però, soprattutto chi pur non essendoci fisicamente aveva il compito di coordinare le operazioni di gestione dell’ordine pubblico a Genova. Né può bastare il risarcimento in denaro che lo stato dovrà versare alle vittime, persone che si trovano a far fronte ai traumi fisici e psichici subiti in quel contesto.Con estrema probabilità i due Pm faranno ricorso in appello. Con molta probabilità la situazione rimarrà analoga. Forse a questo punto, quella proposta di legge (relativa all’inserimento del reato di tortura all’interno del nostro codice penale), rimasta bloccata alla Camera nel 2006 (articolo 613-bis, passato con 466 sì e un solo voto contrario), con un impegno serio da parte dell’opposizione, potrebbe essere recuperata, se non altro per coprire quel vuoto di cui sopra si diceva. Ciò non renderà giustizia alle vittime di Bolzaneto, ma rappresenterà per lo meno, il tentativo di porre rimedio a strappi ulteriori dentro un già malsano apparato democratico.

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mercoledì 16 luglio 2008

La storia di padre Seromba - di Massimo A.Alberizzi

Una vicenda all'ombra della carneficina dei tutsi del 1994. Da uomo pio a sterminatore diabolico. Poi la fuga.

Aprile 1994. Il Ruanda è in preda ala follia collettiva. I suoi cittadini di etnia hutu, attizzati da bande armate di estremisti, gli hinterahamwe, sono scatenati contro i tutsi e gli hutu moderati. Civili armati di machete fanno a pezzi amici, compagni, conoscenti e persino coniugi, colpevoli solo di appartenere a un gruppo razziale differente. Alla mattanza partecipano anche parecchi preti, cattolici, protestanti, avventisti.

E’ un genocidio che, prove alla mano, è stato preparato meticolosamente. Mentre i notabili del regime hutu al potere nei mesi precedenti avevano comprato armi, munizioni e perfino machete, dai microfoni di Radio Mille Coline, emittente legata al regime hutu, gli speaker, tra cui si distingue per la veemenza l’italo-belga Giorgio Ruggiu (che si è dichiarato colpevole e condannato a 12 anni), non fanno altro che eccitare gli animi: «Schiacciate gli inyenzi (cioè gli scarafaggi), riempite le tombe».

L’Onu non si muove e al Palazzo di Vetro di New York vengono cestinati gli accorati appelli del generale canadese Romeo Dallaire, capo di un piccolo drappello di caschi blu di stanza a Kigali, che annuncia con settimane, se non mesi di anticipo, la preparazione del genocidio. In cento giorni vengono sterminati un milione di tutsi e hutu moderati. Un’ecatombe.

Il mondo dei diplomatici assiste cinicamente immobile, e nel novembre successivo il Consiglio di Sicurezza decide di costituire ad Arusha, alle falde del Kilimangiaro, in Tanzania, un tribunale per i crimini commessi in Ruanda. Nelle maglie degli investigatori internazionali finisce anche padre Athanase, fino a prima di quell’aprile 1994 conosciuto come un’anima pia.

LA TRASFORMAZIONE - «Ogni mattina all’alba – racconteranno dieci anni dopo i suoi parrocchiani al Corriere, a Nyange vicino Kibuye, sul magnifico lago Kivu in Ruanda - scendeva nella sua chiesa, preparava i paramenti, li indossava in attesa dei fedeli per la messa. Distribuiva una parola buona per ciascuno, portava conforto alla sua gente oberata dalla fame e dalla povertà, non si lasciava sfuggire un’occasione per aiutare i più indigenti. Poi la trasformazione da pio a demonio».

L'AGGUATO - Seromba, sostiene il capo d’accusa firmato nel 2001 dall’allora procuratrice Carla del Ponte e dopo dal sostituto Silvana Arbia, assieme al borgomastro e all’ispettore di polizia prepara e mette in pratica un piano, diabolico, per sterminare la popolazione tutsi della zona. Per incoraggiare i tutsi in fuga disperata nelle campagne a ripararsi nella parrocchia, il ministro di Dio li attrae in chiesa usando tutta la sua autorità di religioso: promette protezione. Intere famiglie - certe che gli interahamwe rispetteranno il tempio, come già accaduto durante i massacri degli anni precedenti - accettano l’ospitalità offerta dall’abate. Ma una volta dentro, scoprono di essere intrappolati.

L'ORRORE - Nessuno dà loro acqua e cibo e padre Seromba respinge il denaro dei rifugiati per acquistare pane e frutta. Si rifiuta persino di celebrare la messa. Secondo l’atto d’accusa del Tribunale dell’Onu il prete ordina ai gendarmi di sparare su quanti, calandosi dalle finestre, cercano di rubare frutti dal bananeto alle spalle della parrocchia. I bambini, in preda a febbre e dissenteria, piangono in continuazione. Manca l’aria, 2 mila persone vivono nella disperazione in un luogo che può contenerne al massimo 1.500. Il 13 aprile matura il primo attacco: i miliziani estremisti circondano la chiesa, sparano raffiche di fucile sui civili inermi e tirano granate all’interno. Nella confusione, tra urla e schizzi di sangue, qualcuno riesce a scappare, ma viene catturato. I testimoni sentono il sacerdote ordinare ai soldati di chiudere tutte le porte e di giustiziare i trenta tutsi bloccati mentre erano in fuga. Il 16 aprile – sempre secondo l’accusa - Seromba e le autorità locali decidono per la soluzione finale. Chiamano gli autisti di due bulldozer della società italiana Astaldi, che sta costruendo la strada da Gitarama a Kibuye. L’idea è micidiale: seppellire i rifugiati sotto le macerie del luogo sacro. «Gli hutu sono tanti. Questa chiesa verrà ricostruita in tre giorni», sentenzia l’abate dando all’autista attonito l’ordine di procedere. Pochi minti prima un suo collega, che si era rifiutato di agire, era stato ammazzato con un colpo alla testa. Con movimenti coordinati le due macchine demoliscono i muri della chiesa, mentre la popolazione del villaggio, armata di machete e bastoni, circonda l’area per attaccare chi cerca di fuggire. Dentro trovano la morte 2mila tutsi.

LA FUGA - Ma sono loro a vincere la guerra nel giugno 1994 ed è Seromba a fuggire. Prima in Zaire (l’attuale Repubblica Democratica del Congo) poi in Italia. Quando giunge a Firenze, nell’estate del 1997, è raccomandato da una lettera del vescovo di Nyundo, che loda le sue doti di religioso semplice e devoto. Il prelato chiede alla diocesi fiorentina di dargli accoglienza per un certo periodo. Dice sì che è un profugo, ma dello Zaire e che si chiama Anastasio Sumbabura. La Curia toscana gli trova un posticino nella parrocchia dell’Immacolata a Montughi.

LA CATTURA - Tutto sembra finire lì. Invece lo scovano i giornalisti. Il governo italiano tergiversa, ma poi deve cedere alle pressioni della Del Ponte, che ottiene l’estradizione: è il febbraio 2002. L’avvocato di Seromba, il beninese, Alfred Pognon uno dei fondatori di Avvocati Senza Frontiere, durante un’intervista al Corriere nel settembre del 2004 ad Arusha, mentre si celebra il processo appare tranquillo. «Il mio cliente è una vittima – sostiene sicuro – e il tribunale dell’Onu è politicizzato. Quei giudici vogliono condannare gli accusati per giustificare la loro esistenza e la loro burocrazia ignava che costa milioni di dollari. Attraverso Seromba intendono colpire la Chiesa e noi dobbiamo impedirlo. Dimostrerò la sua innocenza». Ma le prove e le testimonianze sono schiaccianti e lui non riesce a farlo assolvere nonostante - sostengono sottovoce alla procura del tribunale - le pesanti pressioni del Vaticano sui magistrati.

15 dicembre 2006 - Massimo A.Alberizzi - www.corriere.it


Meglio stare zitti - di Vania Lucia Gaito

Altro giro, altra corsa. Il Papa vola in Australia e ripropone un copione già recitato negli Stati Uniti. E anche in questo caso, già sull'aereo dà la stura alle dichiarazioni, con i giornalisti lì pronti a raccogliere ogni parola. Argomento? Il solito: i preti pedofili. Novità? Sì, una esternazione di Ratzinger che definirei illuminante: il sacerdozio è incompatibile con la pedofilia.

E i giornalisti lì a scrivere. Tant'è che l'hanno riportata tutti i giornali, questa dichiarazione papale. E nessun giornalista ha detto: "Scusi, sa, ma finora mica era compatibile! Eppure i preti pedofili si sprecano! Per non parlare di quanto sia incompatibile con la legge!". Io me lo sarei aspettato, un commento così. Fossi stata lì, io lo avrei detto. Invece nulla. Forse non è previsto dal protocollo Vaticano far presente al Pontefice che sta dicendo una castroneria.

E, a riprova, è interessante un provvedimento emanato dal governo del Nuovo Galles del Sud, dove si svolgeranno gli eventi più importanti della Giornata Mondiale della Gioventù: disturbare le manifestazioni, o anche solo infastidire i partecipanti potrebbe costare caro, fino a un equivalente di circa 3.500 euro. Cosa si intende per disturbare? Anche mettersi una maglietta con la scritta "Il Papa si sbaglia: usate il preservativo". Ma l'Australia, considerata il Paese meno religioso al mondo, non è l'Italia. E il comitato "No al Papa" si è subito mobilitato: due attiviste, Amber Pike e Rachel Evans, sono state portate in tribunale, colpevoli di aver diffuso materiale relativo all'uso del preservativo. E il tribunale, che non essendo un tribunale italiano è veloce nell'emettere sentenza, ha subito messo in chiaro che limitare la libertà di parola è incompatibile (quello sì) con i diritti fondamentali dell'uomo e con le leggi dello Stato. Quindi le due ragazze sono state rilasciate, e con tante scuse.

E, continuando sulla falsariga di quanto avvenuto negli Stati Uniti, ad accogliere Ratzinger c'era anche il cardinale George Pell, massimo esponente della Chiesa australiana e accusato di aver coperto i preti pedofili. Diversi preti pedofili. Ma in particolare, hanno molto da ridire le vittime di un sacerdote di Ballarat, Gerald Francis Ridsdale, che sta scontando 19 anni di carcere per aver abusato di 49 bambini, anche se sembra che le vittime siano oltre un centinaio.

Risdale, che oggi ha 74 anni, apparteneva alla diocesi di Ballarat, a 120 chilometri da Melbourne negli anni in cui, sostiene la Broken Rites (l'associazione australiana delle vittime dei preti pedofili), vi era una "radicata cultura degli abusi sessuali nel clero, come dimostrato dai casi portati in tribunale negli anni Novanta".

Gerald veniva da una famiglia di forte matrice cattolica, lasciò la scuola a 14 anni e si impiegò come contabile. Fu in quel periodo che prese coscienza dell'attrazione che provava per i ragazzini. Tuttavia, incoraggiato da un sacerdote, decise di entrare in seminario. Dopo un periodo di studi tra Melbourne, Genova e Dublino, fu ordinato sacerdote a Ballarat nel 1961. E, praticamente da subito, cominciarono gli abusi. Dagli anni Sessanta al 1993, anno in cui fu arrestato, Ridsdale fu spostato di parrocchia in parrocchia; i trasferimenti, qualche volta, arrivavano appena dopo qualche settimana dal suo insediamento. Così per oltre trent'anni.

Gli abusi avvenivano all'interno della chiesa, nel presbiterio (la casa parrocchiale), nell'auto del sacerdote, in casa delle vittime, durante gite, e nei giorni festivi con il sacerdote. Molestò un bambino e sua sorella poche ore dopo il funerale del loro padre. Spesso gli abusi avvenivano durante la confessione, e Ridsdale provvedeva anche all'assoluzione. Molti reati si sono verificati prima e dopo la celebrazione della Messa, prima di comunioni, cerimonie, matrimoni e funerali. Molte delle vittime sono stati chierichetti. Uno di essi è stato ancora vittima di abusi sessuali presso l'altare, quando la chiesa era vuota e chiusa, dopo la Messa.

A metà degli anni Sessanta, Ridsdale trascorse un periodo a Mildura, sotto la supervisione di monsignor John Day, uno dei più feroci pedofili nella storia della Chiesa. Altri trasferimenti, altre parrocchie, fino ad arrivare, nel 1971, a Ballarat. Alcune delle vittime denunciarono alla curia gli abusi subiti, tuttavia non furono presi provvedimenti, se non spedire il sacerdote a fare qualche seduta di psicoterapia, per poi assegnarlo ad una nuova parrocchia, dove tutto ricominciava da capo.

Alla fine del 1971, Ridsdale fu assegnato alla parrocchia di San Alipius, come assistente del parroco. Nel 1973, arrivò un altro sacerdote, padre George Pell. I due sacerdoti condivisero perfino la casa, per un lungo periodo ed è assolutamente improbabile che Pell non fosse a conoscenza degli abusi commessi dal suo collega, soprattutto perchè la scuola parrocchiale (dove anche Ridsdale insegnava) era un vero e proprio covo di pedofili: padre Robert Best, padre Edward Dowlan, padre Fitzgerald, padre Stephen Francis Farrell, tutti in seguito condannati per abusi sessuali.

Il 27 maggio 1993, molte parrocchie e molti abusi dopo, il tribunale di Melbourne aprì un processo a carico di Ridsdale, per aggressione sessuale ai danni di nove ragazzi. Il sacerdote fu accompagnato in tribunale e sostenuto da George Pell, che nel frattempo era divenuto vescovo ausiliario. Non c'erano invece nè vescovi nè sacerdoti a sostenere le vittime. Ridsdale fu condannato, ma uscì di prigione dopo appena tre mesi, "sulla parola". Un mese dopo, la Broken Rites aprì una linea telefonica alla quale potevano rivolgersi le vittime degli abusi sessuali commessi dai sacerdoti. L'associazione fu l'anello di collegamento tra le vittime e la polizia, che riaprì le indagini su Ridsdale.

E, come accade in questi casi, il vescovo Ronald Mulkearns chiese al Papa la riduzione del sacerdote allo stato laicale, ottenendola immediatamente.

Il 19 gennaio 1994 si aprì il nuovo precesso, ma stavolta non c'era alcun vescovo a sostenere Ridsdale. Fu condannato a 19 anni di carcere per un numero impressionante di abusi sessuali. E contestualmente fu aperta una nuova indagine, denominata Operazione Arcadia, al fine di stabilire le responsabilità del vescovo Mulkearns. Il rapporto Arcadia stabilì che il vescovo era a conoscenza delle "molestie" ma non fu in grado di provare che fosse a conoscenza degli abusi veri e propri, pertanto non fu possibile procedere. Tuttavia il rapporto Arcadia circolò, e meno di un anno dopo il vescovo si dimise. Al suo posto fu nominato George Pell.

Il 6 agosto 2006, il tribunale di Melbourne aprì un nuovo procedimento a carico di Ridsdale, per altri abusi fino ad allora non denunciati. Fu condannato ad ulteriori 4 anni di carcere. Il giudice Bill White criticò la Chiesa cattolica per non aver preso seri provvedimenti, dopo aver saputo della condotta di Ridsdale, e soprattutto per non aver mostrato alcuna compassione per le vittime. Trasferire Ridsdale di parrocchia in parrocchia aveva solo dato la possibilità, al sacerdote, di continuare liberamente ad abusare dei bambini.

In una conferenza stampa, il cardinale Pell ha affermato: “Una vita senza Dio e modelli sbagliati di famiglia, sessualità e matrimonio sono i pericoli da cui dobbiamo mettere in guardia i giovani”.Se almeno Ratzinger sapesse scegliere delle compagnie più credibili, forse qualcuno sarebbe anche disposto a credere alle sue scuse, alle sue esternazioni, alla sua vergogna. Ma stando le cose così come stanno, non sarebbe meglio stare zitti?

Vania Lucia Gaito - http://viaggionelsilenzio.ilcannocchiale.it


martedì 15 luglio 2008

A BOLZANETO UNA PAGINA NERISSIMA, L'ITALIA E' ANCORA UNA DEMOCRAZIA?

COMITATO VERITA' E GIUSTIZIA PER GENOVA

info@veritagiustizia.it - www.veritagiustizia.it

comunicato stampa

A BOLZANETO UNA PAGINA NERISSIMA, L'ITALIA E' ANCORA UNA DEMOCRAZIA?

Un totale di "soli" 24 anni di pene per i maltrattamenti fisici e morali inflitti ai detenuti nella caserma di Bolzaneto è certamente poco, ma intanto il tribunale ha condannato 15 persone, fra agenti e personale sanitario, confermando che in quella caserma è stata scritta una delle pagine più nere nella storia recente delle nostre forze dell'ordine. Quel che emerge e spaventa è come il nostro paese considera le violazioni dei diritti fondamentali: un reato lieve e destinato alla prescrizione per i tribunali, niente di rilevante per la politica, incapace in questi anni di approvare una legge sulla tortura e di sospendere dal servizio i funzionari (spesso addirittura promossi!) imputati nei processi seguiti al G8 di Genova. A Bolzaneto furono commessi abusi inaccettabili: i maltrattamenti dei detenuti sono del tutto incompatibili con una democrazia. In questi anni è stato favorito in modo irresponsabile un clima di impunità. Alle forze politiche e al parlamento chiediamo: l'Italia è ancora una democrazia?

info: Lorenzo Guadagnucci 3803906573 - Enrica Bartesaghi 3347271381

venerdì 11 luglio 2008

Non capisco ... - By Augusto Druso

... non capisco perché dopo l'intervento a Piazza Navona di Sabina Guzzanti il suo sito è stato oscurato. Qualcuno sostiene che siano stati degli hackers ...

... non capisco perché debbano essere stati degli hackers ad oscurare il sito di Sabina Guzzanti ...


... non capisco perché il popolo della Lega ed i suoi dirigenti possano vilipendere in modo reiterato la bandiera italiana ed il Capo dello Stato senza che qualcuno si scandalizzi o apra un fascicolo penale, ma se Grillo fa una battuta su "Morfeo" si scatena l'apoteosi dell'indignazione ...

... non capisco perché quattro cittadini italiani, se fanno un tipo di lavoro, se commettono reati non possano essere investigati e nel caso vengano contestati loro dei reati non possano essere processati ...

... non capisco perché la chiesa si agiti tanto, dietro la sacrosanta decisione di un tribunale legittimo di uno stato che non la riguarda, di dare finalmente dignità ed applicare un'azione caritatevole per una ragazza scomparsa 16 anni fa e minaccia che la sentenza "può essere impugnata presso una corte superiore" ...

... non capisco perché la chiesa non impugni ogni sentenza di morte presso una qualsiasi corte superiore dove viene praticato l'omicidio di stato contro la vita umana in seguito ad una regolare sentenza di un tribunale legittimo ...

... non capisco perché la mia spesa media al supermercato sei mesi fa mi costava 90 euro a settimana e adesso me ne costa 130 se l'inflazione tendenziale annua è al 3,6% ...

... non capisco perché se alloggio nei motels negli Stati Uniti a 70 dollari la notte (circa 50 euro) ho la connessione ad internet a banda larga gratuita e se alloggio a Milano a 210 euro a notte per la connessione ad internet devo pagare un supplemento di 17 euro ...

... non capisco perché se nella cassetta della posta il postino mi inserisce una cartolina di una raccomandata con l'indicazione di chiamare un numero per concordare una nuova consegna, quel numero squilla a vuoto 24 ore al giorno per 7 giorni su 7 ...

... non capisco perché sulla rete autostradale, quando sono alla guida, incontro i tabelloni luminosi dove c'è scritto "Informazioni sulla viabilità in tempo reale su www.autostrade.it" e subito dopo "... utilizzare il cellulare senza auricolare 2 punti in meno sulla patente" ...

... non capisco perché mentri guidi in autostrada non puoi parlare al telefonino senza auricolare, ma puoi tranquillamente navigare in internet con il tuo laptop o palmare ...

... non capisco perché dove mi trovo io la copertura GSM o UMTS della telefonia mobile è costantemente nel 2% della zona di non copertura ...

... non capisco perché Moggi non sia stato radiato ...

... non capisco perché se muore un italiano all'estero ci sentiamo tutti coinvolti mentre se muore un povero disgraziato tedesco, norvegese o curdo non ce ne frega niente ...

... non capisco perché il leader dell'opposizione in piazza sia Di Pietro ...

... non capisco perché non sia stata mai nominata la commissione per indagare sul massacro avvenuto a Genova alla Diaz e a Bolzaneto ...

... non capisco quelli che affermano che "essere omosessuali è una scelta" ...

... non capisco quelli che affermano che "essere eterosessuali non è una scelta" ...

... non capisco perché gli italiani hanno la cultura mafiosa intrisa nell'animo ...

... non capisco perché la famiglia "naturale" con figli debba essere più tutelata e avere più diritti rispetto a chi famiglia non ce l'ha o ha deciso di non averla ...

... non capisco chi si lamenta perché senza lavoro ed ha messo al mondo sei figli ...

... non capisco perché se devo fare una risonanza magnetica in convenzione mi fissano l'appuntamento a 4 mesi con l'obbligo della prescrizione e se decido di farla privatamente ho l'appuntamento il giorno successivo senza alcuna prescrizione e/o ricetta ...

... non capisco perché le televisioni ci bombardino con il problema della sicurezza quando siamo il paese più sicuro del mondo e l'unico posto davvero poco sicuro sono le mura domestiche dove mariti violenti possono fare tutto quel che vogliono ...

... non capisco perché una famiglia debba sentirsi tranquilla a mandare i propri figli in oratorio dove è molto più probabile che possano essere violentati nel segreto del confessionale ...

... non capisco perché non sia indagato chi ha affermato che Mangano è un eroe ...

... non capisco come si possa esultare ad essere condannati a 5 anni di carcere con l'interdizione dai pubblici uffici ed essere poi candidati nelle liste per le elezioni al parlamento italiano ...

... non capisco che fine ha fatto l'opposizione ...

... davvero non capisco Veltroni ...

... non capisco perché non ci sia più informazione ...

... non capisco perché si sta riproponendo il nostro passato peggiore e tutti facciano finta che si sia in democrazia ...

... non capisco perché tutti i giornali e televisioni abbiano definito la manifestazione dell'8 luglio a Piazza Navona una vergogna e si sia data voce solo a chi dissentiva da quell'evento ...

... non capisco perché la manifestazioen dell'8 luglio a Piazza Navona sia stata un insulto alla democrazia ...

... non capisco perché i camerati ed i tassisti di Roma, all'elezione di Alemanno a sindaco di Roma, festeggiando con il saluto romano, abbiamo espresso un alto grado di democrazia ...

... non capisco perché per censire i bambini rom bisogna prendergli le impronte digitali ...

... non capisco perché a tutti gli altri bambini non bisogna prendere le impronte digitali ...

... e non c'è niente da capire (F. De Gregori) ...



giovedì 10 luglio 2008

Prima parte dell'intervento di Sabina Guzzanti - Piazza Navona 08/07/2008

Seconda parte dell'intervento di Sabina Guzzanti - Piazza Navona 08/07/2008

Piazza Navona e le cose che non si possono dire - di Marco Travaglio

l'Unità, 10 luglio 2008 - Lettera aperta al direttore

Caro direttore,quando tutta la stampa (Unità compresa), tutte le tv e persino alcuni protagonisti dicono la stessa cosa, e cioè che l’altroieri in Piazza Navona due comici (Beppe Grillo e Sabina Guzzanti) e un giornalista (il sottoscritto) avrebbero “insultato” e addirittura “vilipeso” il capo dello Stato italiano e quello vaticano, la prima reazione è inevitabile: mi sono perso qualcosa? Mi sono distratto e non ho sentito alcune cose - le più gravi - dette da Beppe, da Sabina e da me stesso? Poi ho controllato direttamente sui video, tutti disponibili su you tube e sui siti di vari giornali, e sono spiacente di comunicarti che nulla di ciò che è stato scritto e detto da tv e giornali (Unità compresa) è realmente accaduto: nessuno ha insultato né vilipeso Giorgio Napolitano né Benedetto XVI. Nessuno ha “rovinato una bella piazza”. E’ stata, come tu hai potuto constatare de visu, una manifestazione di grande successo, sia per la folla, sia per la qualità degli interventi (escluso ovviamente il mio).
Per la prima volta si sono fuse in una cinque piazze che finora si erano soltanto sfiorate: quella di Di Pietro, quella di molti elettori del Pd, quella della sinistra cosiddetta radicale, quella dei girotondi e quella dei grillini, non sempre sovrapponibili. E un minimo di rigetto era da mettere in conto. Ma è stata una bella piazza plurale, sia sotto che sopra il palco: idee, linguaggi, culture, sensibilità, mestieri diversi, uniti da un solo obiettivo. Cacciare il Caimano. Le prese di distanza e i distinguo interni, per non parlare delle polemiche esterne, sono un prodotto autoreferenziale del Palazzo (chi fa politica deve tener conto degli alleati, delle opportunità, degli elettori, di cui per fortuna gli artisti e i giornalisti, essendo “impolitici”, possono tranquillamente infischiarsi). La gente invece ha applaudito Grillo e Sabina come Colombo (anche quando ha chiesto consensi per Napolitano), Di Pietro, Flores e gli altri oratori, ma anche i politici delle più varie provenienze venuti a manifestare silenziosamente. Applausi contraddittorii, visto che gli applauditi dicevano cose diverse? Non credo proprio. Era chiaro a tutti che il bersaglio era il regime berlusconiano con le sue leggi canaglia, compresi ovviamente quanti non gli si oppongono.
Come mai allora questa percezione non è emersa, nemmeno nei commenti delle persone più vicine, come per esempio te e Furio? Io temo che viviamo tutti nel Truman Show inaugurato 15 anni fa da Al Tappone, che ci ha imposto paletti (anche mentali) sempre più assurdi e ci ha costretti, senza nemmeno rendercene conto, a rinunciare ogni giorno a un pezzettino della nostra libertà. Per cui oggi troviamo eccessivo, o addirittura intollerabile, ciò che qualche anno fa era normale e lo è tuttora nel resto del mondo libero (dove tra l’altro, a parte lo Zimbabwe, non c’è nulla di simile al governo Al Tappone). In Italia l’elenco delle cose che non si possono dire si allunga di giorno in giorno. Negli Stati Uniti, qualche anno fa, uscì senz’alcuno scandalo un libro di Michael Moore dal titolo “Stupid White Man” (pubblicato in Italia da Mondadori…), tutto dedicato alle non eccelse qualità intellettive del presidente Bush. Da dieci anni l’ex presidente Clinton non riesce a uscire da quella che è stata chiamata la “sala orale”. In Francia, la tv pubblica ha trasmesso un programma satirico in cui un attore, parodiando il film “Pulp Fiction” in “Peuple fiction”, irrompe nello studio del presidente Chirac, lo processa sommariamente per le sue innumerevoli menzogne, e poi lo fredda col mitra. A nessuno è mai venuto in mente di parlare di “antibushismo”, di “anticlintonismo”, di “antichirachismo”, di “insulti alla Casa Bianca” o di “vilipendio all’Eliseo”. Tanto più alta è la poltrona su cui siede il politico, tanto più ampio è il diritto di critica e di satira e anche di attacco personale.
Quelli che son risuonati l’altroieri in piazza Navona non erano “insulti”. Erano critiche. Grillo, insolitamente moderato e perfino affettuoso, ha detto che “a Napolitano gli voglio bene, ma sonnecchia come Morfeo e firma tutto”, compreso il via libera al lodo Alfano che crea una “banda dei quattro” con licenza di delinquere. Ha sostenuto che Pertini, Scalfaro e Ciampi non l’avrebbero mai firmato (sui primi due ha ragione: non su Ciampi, che firmò il lodo Schifani). E ha ricordato che l’altro giorno, mentre Napoli boccheggia sotto la monnezza, il presidente era a Capri a festeggiare il compleanno con la signora Mastella, reduce dagli arresti domiciliari, e Bassolino, rinviato a giudizio per truffa alla regione che egli stesso presiede. Tutti dati di fatto che possono essere variamente commentati: non insulti o vilipendi.
Io, in tre parole tre, ho descritto la vergognosa legge Berlusconi che istituisce un’ ”aggravante razziale” e dunque incostituzionale, punendo - per lo stesso reato - gli immigrati irregolari più severamente degli italiani, e mi sono rammaricato del fatto che il Quirinale l’abbia firmata promulgando il decreto sicurezza. Nessun insulto: critica. Veltroni sostiene che io avrei “insultato” anche lui, e che “non è la prima volta”. Lo invito a rivedersi il mio intervento: nessun insulto, un paio di citazioni appena: per il resto la cronistoria puntuale dell’ennesima resurrezione di Al Tappone dalle sue ceneri grazie a chi - come dice Furio Colombo - “confonde il dialogo con i suoi monologhi”. Sono altri dati di fatto, che possono esser variamente valutati, ma non è né insulto né vilipendio. O forse il Colle ha respinto al mittente qualche legge incostituzionale, e non me ne sono accorto? Sono o non sono libero di pensare e di dire che preferivo Scalfaro e i suoi no al Cavaliere? Oppure la libertà di parola, conquistata al prezzo del sangue dai nostri padri, s’è ridotta a libertà di applauso? Forse qualcuno dimentica che quella c’è anche nelle dittature. E’ la libertà di critica che contraddistingue le democrazie. Se poi a esercitarla su temi quali la laicità, gli infortuni sul lavoro, l’ambiente, la malafinanza, la malapolitica, il precariato, la legalità, la libertà d’informazione sono più i comici che i politici, questa non è certo colpa dei comici.
Poi c’è Sabina. Che ha fatto, di tanto grave, Sabina? Ha usato fino in fondo il privilegio della satira, che le consente di chiamare le cose con il loro nome senza le tartuferie e le ipocrisie del politically correct, del politichese e del giornalese: ha tradotto in italiano, con le parole più appropriate, quel che emerge da decine di cronache di giornale sulle presunte telefonate di una signorina dedita ad antichissime attività con l’attuale premier, che poi l’ha promossa ministra. Enrico Fierro ha raccolto l’altro giorno, sull’Unità, i pissi-pissi-bao-bao con cui i giornali di ogni orientamento, da Repubblica al Corriere, dal Riformatorio financo al Giornale, han raccontato quelle presunte chiamate (con la “m”). Ci voleva un quotidiano argentino, il “Clarin”, per usare il termine che comunemente descrive queste cose in Italia: “pompini”, naturalmente di Stato. Quello di Sabina è stato un capolavoro di invettiva satirica, urticante e spiazzante come dev’essere un’invettiva satirica, senza mediazioni artistiche né perifrasi. Gli ignorantelli di ritorno che gridano “vergogna” non possono sapere che già nell’antica Atene, Aristofane era solito far interrompere le sue commedie con una “paràbasi”, cioè con un’invettiva del corifeo che avanzava verso il pubblico e parlava a nome del commediografo, dicendo la sua sui problemi della città. Anche questa è satira (a meno che qualcuno non la confonda ancora con le barzellette). Si dirà: ma Sabina ha pure mandato il papa all’inferno. Posso garantire che, diversamente da me, lei all’inferno non crede. Quella era un’incursione artistica in un genere letterario inaugurato, se non ricordo male, da Dante Alighieri. Il quale spedì anticipatamente all’inferno il pontefice di allora, Bonifacio VIII, che non gli piaceva più o meno per le stesse ragioni per cui questo papa non piace a lei e a molti: le continue intromissioni del Vaticano nella politica. Anche Dante era girotondino? Il fatto è che un vasto e variopinto fronte politico-giornalistico aveva preparato i commenti alla manifestazione ancor prima che iniziasse: demonizzatori, giustizialisti, estremisti, forcaioli, nemici delle istituzioni, e ovviamente alleati occulti del Cavaliere. Qualunque cosa fosse accaduta, avrebbero scritto quel che hanno scritto. Lo sapevamo, e abbiamo deciso di non cedere al ricatto, parlando liberamente a chi era venuto per ascoltarci, non per usarci come pedine dei soliti giochetti. Poi, per fortuna, a ristabilire la verità sono arrivati i commenti schiumanti di Al Tappone e di tutto il centrodestra: tutti inferociti perchè la manifestazione spazza via le tentazioni di un’opposizione più morbida o addirittura di un inciucio sul lodo Alfano (ancora martedì sera, a Primo Piano, due direttori della sinistra “che vince”, Polito e Sansonetti, proclamavano in stereo: “Chi se ne frega del lodo Alfano”). La prova migliore del fatto che la manifestazione contro il Caimano e le sue leggi-canaglia è perfettamente riuscita.

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