venerdì 18 luglio 2008

Il vuoto legislativo che ha pesato su Bolzaneto - di Bruna Iacopino

C’è un vuoto legislativo che pesa gravemente su questo paese e che, ancor di più dovrebbe gravare sulle nostre coscienze. È un vuoto con un’identità e un nome specifici e tragicamente reali: si chiama reato di tortura. Questo tipo di reato non è mai entrato a far parte del nostro codice penale, nonostante siano passati ben vent’anni dall’approvazione della CAT ( Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura). Adesso quel vuoto legislativo ha dei riscontri diretti: il processo per i fatti di Bolzaneto durante il G8 di Genova 2001, si conclude con una quasi completa impunità per gli imputati. Su 45 persone appartenenti alle forze dell’ordine e al personale medico, soltanto 15 sono state condannate per reati che vanno dall’abuso di ufficio, all’abuso di autorità, fino alla violenza e alle lesioni aggravate… pene comminate dai 5 anni ai 5 mesi, giorni di carcere che andranno effettivamente scontati, nessuno. Indulto e prescrizione colpiscono ancora!“Gli alti vertici nuovamente salvati!” così commentano i due Pm Petruzziello e Miniati. E per alti vertici si dovrebbe fare riferimento anche all’allora Ministro Scajola, passato per una visita di cortesia mentre una fila di ragazzi era costretta nella posizione “del cigno” ( e così rimarranno per lunghe ore). Inutile ribadire la lista delle torture, perché di questo si trattò, inflitte all’interno della caserma. Quelle si possono leggere nella lunga requisitoria fatta dai Pm, e nelle ricostruzioni giornalistiche successive al G8. Quello che maggiormente sconvolge è che, in un paese che si definisce democratico, che si batte per l’affermazione e la tutela dei diritti umani nel resto del mondo, che è sceso in piazza (in maniera bipartisan) per protestare contro le violenze in Birmania prima e in Tibet subito dopo, che si è battuto per l’approvazione di una moratoria sulla pena di morte, che ha ampiamente discusso dell’opportunità o meno della partecipazione alla cerimonia di apertura per i giochi olimpici di Pechino, rimanga pressoché silente di fronte ad una sentenza che fa passare la violenza di stato come “normalità” o quanto meno comportamento imputabile a pochi individui. Comminare la pena più aspra al solo ispettore della polizia penitenziaria Antonio Biagio Gugliotta che in quei giorni era responsabile della sicurezza a Bolzaneto, scagiona nei fatti tutti gli altri (medici compresi) che pure erano presenti e che hanno fatto uso di “pratiche inumane e degradanti” nei confronti dei trattenuti, scagiona però, soprattutto chi pur non essendoci fisicamente aveva il compito di coordinare le operazioni di gestione dell’ordine pubblico a Genova. Né può bastare il risarcimento in denaro che lo stato dovrà versare alle vittime, persone che si trovano a far fronte ai traumi fisici e psichici subiti in quel contesto.Con estrema probabilità i due Pm faranno ricorso in appello. Con molta probabilità la situazione rimarrà analoga. Forse a questo punto, quella proposta di legge (relativa all’inserimento del reato di tortura all’interno del nostro codice penale), rimasta bloccata alla Camera nel 2006 (articolo 613-bis, passato con 466 sì e un solo voto contrario), con un impegno serio da parte dell’opposizione, potrebbe essere recuperata, se non altro per coprire quel vuoto di cui sopra si diceva. Ciò non renderà giustizia alle vittime di Bolzaneto, ma rappresenterà per lo meno, il tentativo di porre rimedio a strappi ulteriori dentro un già malsano apparato democratico.

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