In campagna elettorale, l’attuale presidente del Consiglio si impegnò solennemente, forse con un po’ di demagogia, a trovare una soluzione privata e italiana al problema Alitalia, giocando sul tasto dell’irrinunciabilità a una «compagnia di bandiera».
Si è realizzato così, dopo molti anni, un intervento «pesante» dello Stato per pilotare la ristrutturazione del settore, facendo leva su imprese nazionali e puntando comunque alla fusione operativa tra Alitalia e Air One, la seconda compagnia aerea nazionale. L’attuale governo ripete in tal modo, con qualche variante, la politica francese di ristrutturazione seguita per l’aeronautica, l’elettronica e per lo stesso settore dei trasporti aerei: il libero mercato è solo un ricordo, sostituito da una concertazione di interessi. Il governo di centro-destra si dimostra più «socialista», ossia più interventista, di quello di sinistra-centro.
Da una gara aperta a livello internazionale si è così passati a trattative private rigidamente limitate e assai poco trasparenti. Anche così, ci sono voluti molti mesi e molti sforzi per «convincere» una quindicina di imprenditori italiani a costituire una «cordata» e mettere assieme una somma relativamente modesta - un miliardo di euro -, comunque insufficiente a una vera politica di rilancio di Alitalia. È quindi ragionevole pensare che questa «cordata» sarà sostenuta da un forte credito bancario; essa potrebbe inoltre andare incontro a forti obiezioni europee per il possibile conflitto di interessi di alcuni dei partecipanti alla «cordata» in quanto gestori di servizi pubblici in potenziale competizione con i servizi aerei di Alitalia. L’attuale tentativo di soluzione mostra comunque una netta discontinuità, rispetto al passato recente, non solo per il suo allontanamento dal mercato, ma anche per i nuovi rapporti governo-grandi imprese e per l’esclusione delle forze sindacali dalle decisioni-chiave: a loro è riservata una trattativa successiva per la sola sistemazione dei lavoratori in esubero.
Ben difficilmente la soluzione ieri delineata eviterà di porre le perdite di Alitalia a carico della collettività: la separazione della «polpa» di Alitalia (in sostanza la posizione dominante nel traffico aereo sulle principali rotte italiane e soprattutto sulla Milano-Roma) dal suo «osso» (un mare di debiti e di dipendenti in esubero confluiti in una nuova società pubblica) è la premessa perché quest’osso influisca in maniera negativa e piuttosto pesante sui conti pubblici, il che, del resto, è successo in altri salvataggi del passato, come quello del Banco di Napoli. È dubbio che essa favorisca davvero lo sviluppo del Paese, non dovrebbe essere in ogni caso salutata con toni trionfalistici.
La «polpa», del resto, se produrrà utili, lo farà solo tra alcuni anni. Nessuno dei partecipanti alla cordata ha una «vocazione» al trasporto aereo e quanto è stato reso noto del piano industriale è piuttosto vago e non appare molto convincente. La nuova Alitalia sarà una compagnia aerea molto ridimensionata, quasi una «compagnia-bonsai», priva di un punto centrale (hub), senza vere prospettive di crescita fuori dall’Italia. Per questo è ragionevole supporre che il piano ora presentato sia solo un abbozzo, sulla base del quale negoziare più ampie intese con qualcuno dei veri «grandi» del trasporto aereo europeo; non a caso, Air France si è già rifatta ufficialmente avanti e potrebbe ottenere i risultati che si proponeva qualche mese fa - ossia l’integrazione di Alitalia nel proprio sistema globale - a un costo molto inferiore al previsto, risultando il vero vincitore di quest’operazione. La «bandiera» italiana di questa compagnia, in nome della quale si è condotta questa complicata operazione, potrebbe risultare una «bandierina», - secondo l’espressione usata ieri dal capo dell’opposizione - e per di più italo-francese.
La prospettiva più probabile è quella della continuazione di un’ulteriore, lenta riduzione della presenza di Alitalia sulla scena europea, insufficientemente compensata da una ragguardevole presenza iniziale sul mercato nazionale.
Mario Deaglio - 30/08/08 - http://www.lastampa.it/
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